mercoledì 29 novembre 2017

Il Filo della Memoria: Lezzeno (Co) 29 novembre 1944

Un amore resistente *   
(Giampiero Pozzi – Elisa Restelli)


Fuggiva di novembre una nebbiolina tersa che accompagnava i due giovani da Vittuone fino a Lezzeno, sulle sponde del lago di Como. Era una nebbiolina che nascondeva gli uomini e le cose, lasciando un senso ansioso ma invitante di segretezza, un sapore mascherato di celerità, quell'odore di vita che solo si respira quando l'ansia di esistere si mischia alla paura di morire.

Giampiero aveva passato parte del breve viaggio a riepilogare orari e strategie del piano. Era stato lui a portare la notizia che un’ automobile di gerarchi tedeschi sarebbe scesa lungo le diramazioni del lago di Como fino ad attraversare il piccolo paesino di Lezzeno.
 Come patriota infiltrato dell'esercito repubblichino, era spesso riuscito ad avere importanti informazioni sugli spostamenti e le intenzioni dei fascisti e dei tedeschi e non aveva esitato a passarle ai partigiani con cui era in contatto.
 Elisa lo accompagnava partecipando a questa lotta fatta di sotterfugi, di incontri segreti, di piccoli e grandi sabotaggi, facendo da tramite tra le rivelazioni del suo amore e il corpo volontari della libertà.

Si erano conosciuti così Elisa e Giampiero: il bel capitano  infiltrato e la coraggiosa staffetta. Messaggio cifrato dopo messaggio cifrato, era nato il loro amore... fino a quel       piccolo biglietto, questa volta solo per lei, con cui Giampiero si era dichiarato: segreto tra i segreti, il più bello e dirompente, premessa di un altro sabotaggio, però del cuore.

Da quel giorno, ogni compito, pur ingrato e pericoloso, aveva avuto per loro tutto un altro sapore e pulsava nelle vene incarnando come mai il concetto di avvenire. L'insopportabile peso dei soprusi che fino allora aveva popolato le loro convinzioni guerriere, ora si incoronava del bisogno che ogni amore muove quando la vita con le sue istanze viene a bussare alla tua porta e allora capisci che tocca proprio a te, che non si può rimandare.

Eppure quel giorno di novembre, mentre il paesaggio scalpitava velocemente dietro i finestrini appannati e la nebbia pareva non voler diradare, quella fatalità che ogni volta li aveva portati, fermi sicuri, nei loro vent'anni, lungo la strada della libertà da riconquistare, quella certezza pareva venir meno: tarpata da un senso più forte di paura, da un sentore più alto di rischio.
 Elisa lo ascoltava parlare di minuscole precisazioni, di mosse parallele e sincronizzate, ma sembrava cercare con gli occhi una forza che ancora quel giorno non possedeva, un coraggio che sia lui che lei dovevano ancora fermentare.

Quando l'automobile si fermò nella piccola piazza di Lezzeno non era ancora ora di destinare. Scesero insieme ai bagagli davanti alla pensione che li avrebbe ospitati e, silenziosi e circospetti, entrarono recitando un sorriso da matrimonio appena celebrato, una luna di miele da consumare, un copione che se tradiva la realtà, certo non smentiva la speranza.
Un signore bruno, dai lunghi baffi cortesi, li accompagnò sino alla loro camera, gli auguro una buona permanenza e chiuse la porta dietro alle sue spalle. Appena se ne fu andato, Giampiero si mise a ridere: "Se sapesse perché siamo qui non sarebbe così ossequioso," ma era un riso teso e nervoso. Elisa lo abbracciò, senza replicare.
Non sapevano a che ora sarebbe passata la macchina con i comandanti delle SS ma sicuramente sarebbe successo tra quella notte e la mattina seguente. 
Decisero che avrebbero fatto dei turni di guardia. Da quella postazione potevano facilmente avvistare l'auto prima che questa si trovasse nel luogo predisposto all'attacco.

Fu una notte lunga e silenziosa, abbagliata da allarmi immotivati, sogni interrotti   e fitti dialoghi che andavano a costruire promettenti e fiduciosi domani, esorcizzando il presente. Poi, verso il mattino, Giampiero scorse l'auto scendere verso il paese.  Elisa dormiva, turbata da un sonno agitato. Giampiero si volse e la destò dolcemente. "È ora," disse, "Sei pronta?". "Pronta," rispose Elisa, come se mai avesse dormito.

Giampiero sorrise. Indossò la giacca e il cappello e prese l'uscita. Non era il caso di baciarsi, di dare corpo con quel gesto a un qualsiasi presagio. Avrebbero avuto tempo dopo, tutto il tempo per amarsi, tutta la vita... insieme.
La strada lo accolse e un vento ghiacciato fece a pezzetti i suoi dubbi e le paure, l'eccitazione e l'angoscia. Elisa guardò un'ultima volta dalla finestra che dava sulla piazza, lo vide correre verso il luogo dell'agguato, poi chiuse le tende per non essere scorta e cercò l'orologio per non perdere l'ora stabilita.
Non ebbe tempo di fare altro, gli spari la raggiunsero stupita e impreparata. Spalancò la porta della stanza con gli occhi che avvampavano terrore, scese di corsa le scale e si trovò improvvisa davanti alla tragedia.
Prima che le pallottole la colpissero, capì che qualcuno li aveva traditi.


      Nei primi mesi del 1994 fui protagonista, insieme a diversi artisti e scrittori, uniti sotto legida della cooperativa culturale Raccolto, di una serie di importanti iniziative per le celebrazioni del Cinquantesimo anniversario della Resistenza, con progetti di intervento culturale che coinvolsero diversi comuni dell'hinterland milanese. Una delle iniziative prevedeva la raccolta di testimonianze di alcuni episodi della storia locale che poi, passate al vaglio della scrittura narrativa, sono confluite un intenso volume di racconti ("Esistenza di Resistenza", Ed. Raccolto). Tra i vari racconti che ebbi l'onore di ascoltare e rinarrare, mi piace oggi riportare la storia di due giovani innamorati* che mi fu raccontata da Egidio Crippa* e che qui riporto quale omaggio ai tanti giovani uomini e donne che hanno donato la loro vita e il loro amore.


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