Un amore
resistente *
(Giampiero Pozzi – Elisa Restelli)
Fuggiva di novembre una nebbiolina tersa che accompagnava i due giovani da Vittuone fino a Lezzeno, sulle sponde del lago di Como. Era una nebbiolina che nascondeva gli uomini e le cose, lasciando un senso ansioso ma invitante di segretezza, un sapore mascherato di celerità, quell'odore di vita che solo si respira quando l'ansia di esistere si mischia alla paura di morire.
Giampiero aveva
passato parte del breve viaggio a riepilogare orari e strategie del piano. Era
stato lui a portare la notizia che un’ automobile di gerarchi tedeschi sarebbe
scesa lungo le diramazioni del lago di Como fino ad attraversare il piccolo
paesino di Lezzeno.
Come patriota
infiltrato dell'esercito repubblichino, era spesso riuscito ad avere importanti
informazioni sugli spostamenti e le intenzioni dei fascisti e dei tedeschi e
non aveva esitato a passarle ai partigiani con cui era in contatto.
Elisa lo accompagnava
partecipando a questa lotta fatta di sotterfugi, di incontri segreti, di
piccoli e grandi sabotaggi, facendo da tramite tra le rivelazioni del suo amore
e il corpo volontari della libertà.
Si erano conosciuti così Elisa e Giampiero: il bel
capitano infiltrato e la coraggiosa
staffetta. Messaggio cifrato dopo messaggio cifrato, era nato il loro amore...
fino a quel piccolo biglietto,
questa volta solo per lei, con cui Giampiero si era dichiarato: segreto tra i
segreti, il più bello e dirompente, premessa di un altro sabotaggio, però del
cuore.
Da quel giorno, ogni
compito, pur ingrato e pericoloso, aveva avuto per loro tutto un altro sapore e
pulsava nelle vene incarnando come mai il concetto di avvenire.
L'insopportabile peso dei soprusi che fino allora aveva popolato le loro
convinzioni guerriere, ora si incoronava del bisogno che ogni amore muove
quando la vita con le sue istanze viene a bussare alla tua porta e allora
capisci che tocca proprio a te, che non si può rimandare.
Eppure quel giorno di
novembre, mentre il paesaggio scalpitava velocemente dietro i finestrini
appannati e la nebbia pareva non voler diradare, quella fatalità che ogni volta
li aveva portati, fermi sicuri, nei loro vent'anni, lungo la strada della
libertà da riconquistare, quella certezza pareva venir meno: tarpata da un
senso più forte di paura, da un sentore più alto di rischio.
Elisa lo ascoltava
parlare di minuscole precisazioni, di mosse parallele e sincronizzate, ma
sembrava cercare con gli occhi una forza che ancora quel giorno non possedeva,
un coraggio che sia lui che lei dovevano ancora fermentare.
Quando l'automobile si
fermò nella piccola piazza di Lezzeno non era ancora ora di destinare. Scesero
insieme ai bagagli davanti alla pensione che li avrebbe ospitati e, silenziosi
e circospetti, entrarono recitando un sorriso da matrimonio appena celebrato,
una luna di miele da consumare, un copione che se tradiva la realtà, certo non
smentiva la speranza.
Un signore bruno, dai
lunghi baffi cortesi, li accompagnò sino alla loro camera, gli auguro una buona
permanenza e chiuse la porta dietro alle sue spalle. Appena se ne fu andato,
Giampiero si mise a ridere: "Se sapesse perché siamo qui non sarebbe così
ossequioso," ma era un riso teso e nervoso. Elisa lo abbracciò, senza
replicare.
Non sapevano a che
ora sarebbe passata la macchina con i comandanti delle SS ma sicuramente
sarebbe successo tra quella notte e la mattina seguente.
Decisero che
avrebbero fatto dei turni di guardia. Da quella postazione potevano facilmente
avvistare l'auto prima che questa si trovasse nel luogo predisposto
all'attacco.
Fu una notte lunga e
silenziosa, abbagliata da allarmi immotivati, sogni interrotti e fitti dialoghi che andavano a costruire
promettenti e fiduciosi domani, esorcizzando il presente. Poi, verso il
mattino, Giampiero scorse l'auto scendere verso il paese. Elisa dormiva, turbata da un sonno agitato.
Giampiero si volse e la destò dolcemente. "È ora," disse, "Sei
pronta?". "Pronta," rispose Elisa, come se mai avesse dormito.
Giampiero sorrise. Indossò la giacca e il cappello e prese
l'uscita. Non era il caso di baciarsi, di dare corpo con quel gesto a un
qualsiasi presagio. Avrebbero avuto tempo dopo, tutto il tempo per amarsi,
tutta la vita... insieme.
La strada lo accolse e un vento ghiacciato fece a pezzetti i
suoi dubbi e le paure, l'eccitazione e l'angoscia. Elisa guardò un'ultima volta
dalla finestra che dava sulla piazza, lo vide correre verso il luogo
dell'agguato, poi chiuse le tende per non essere scorta e cercò l'orologio per
non perdere l'ora stabilita.
Non ebbe tempo di fare altro, gli spari la raggiunsero
stupita e impreparata. Spalancò la porta della stanza con gli occhi che
avvampavano terrore, scese di corsa le scale e si trovò improvvisa davanti alla
tragedia.
Prima che le pallottole la colpissero, capì che qualcuno li
aveva traditi.
Nei primi mesi del 1994 fui protagonista, insieme a diversi artisti e scrittori, uniti sotto legida della cooperativa culturale Raccolto, di una serie di importanti iniziative per le celebrazioni del Cinquantesimo anniversario della Resistenza, con progetti di intervento culturale che coinvolsero diversi comuni dell'hinterland milanese. Una delle iniziative prevedeva la raccolta di testimonianze di alcuni episodi della storia locale che poi, passate al vaglio della scrittura narrativa, sono confluite un intenso volume di racconti ("Esistenza di Resistenza", Ed. Raccolto). Tra i vari racconti che ebbi l'onore di ascoltare e rinarrare, mi piace oggi riportare la storia di due giovani innamorati* che mi fu raccontata da Egidio Crippa* e che qui riporto quale omaggio ai tanti giovani uomini e donne che hanno donato la loro vita e il loro amore.
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